ArcheoModena

0

Normativa

La cultura ed i suoi beni, tra cui rientrano i beni archeologici, hanno come fondamento normativo l’art. 9 della Costituzione Italiana, che recita testualmente: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio ed il patrimonio storico artistico della Nazione”.

Sulla base di questo principio fondamentale della Carta costituente italiana, i  beni archeologici, che fanno parte dei beni culturali, sono tutelati e valorizzati dalla legislazione di settore del 2004 che si basa sul Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D. Lgs. 42/2004) e che raccoglie anche la normativa precedente. I beni culturali italiani devono quindi essere protetti, conosciuti e possibilmente resi fruibili.

Le funzioni di tutela e valorizzazione vengono svolte dalle Soprintendenze e dai Poli Museali che si avvalgono di professionisti competenti in grado di attuare gli interventi operativi necessari sui beni culturali.

Tali professionisti laureati e specializzati vengono individuati nelle figure di archeologi, archivisti, bibliotecari, demoetnoantopologi, antropologi fisici, restauratori e collaboratori dei restauratori ( art. 9/bis, D. Lgs. 42/2004).

Per quanto riguarda il settore dell’archeologia, l’attività sul campo  dunque viene espletata da archeologi di ditte private, che collaborano da un lato con le Soprintendenze e dall’altro  con la committenza (privata o pubblica) che deve adempiere agli obblighi di legge connessi alla natura del bene archeologico stesso. In particolare si ricorda (art. 91 del Codice) che “le cose archeologiche… ritrovate nel sottosuolo o sui fondali marini, appartengano allo Stato e, facciano parte del demanio o del patrimonio indisponibile…”.

Tra gli articoli del codice del Beni Culturali e del paesaggio l’art 28, che trova attuazione nel recente D. Lgs. 50/2016 art. 25 (c.d. Codice dei Contratti), riveste un’importanza particolare nel campo dell’archeologia ed è alla base dell’archeologia preventiva. Tale articolo consente di attivare per le opere pubbliche o d’interesse pubblico lo studio di archeologia preventiva, atto ad evidenziare eventuale rischio archeologico, ed eventualmente lo scavo di sondaggi archeologici sul campo.

Un altro strumento utile nella conoscenza di eventuali depositi archeologici è rappresentato dalle Carte delle Potenzialità Archeologiche del territorio, che vengono recepite nei Piani territoriali di Coordinamento Provinciale (PTCP) e nei Piani Strutturali Comunali (PSC).

Si tratta di uno strumento che permette di effettuare, con un ragionevole grado di attendibilità, una previsione di distribuzione e conservazione dei materiali archeologici in superficie e nel sottosuolo, attraverso l’utilizzo dei dati noti.

Come indicato dalle “Linee guida per l’elaborazione della Carta delle potenzialità archeologiche del territorio”, pubblicate nel 2014 dalla Regione Emilia-Romagna e dal MiBACT, tale strumento permette di “tutelare le potenzialità archeologiche del territorio orientando in modo consapevole le scelte di trasformazione”. I dati archeologici sono strettamente connessi al loro specifico contesto territoriale, non solo attraverso un adeguato studio geologico e geomorfologico, ma anche mediante un corretto inquadramento dell’evoluzione storica del paesaggio e delle trasformazioni subite dal territorio. Ciò consente di delineare diversi gradi di potenzialità ovvero di rischio archeologico di un territorio. Si crea così uno strumento conoscitivo di consultazione per professionisti impegnati nella pianificazione urbanistica.